Quando l’humanitas fosse stata ampiamente travolta dalla dis-humanitas è necessario correggere le cose e, anziché riaggiustarle, bisogna compiere il passo decisivo verso il nuovo… Facciamo un passo avanti!
La nostra scuola affonda le sue radici nella cultura greco-romana. Ancora oggi i gradi d’istruzione e gli ordini di scuola rispecchiano le antiche impostazioni concepite in età ellenistica in Grecia e introdotte a Roma da Cicerone. Con Cicerone, Seneca e Quintiliano, tocchiamo con mano che la nuova paideia è incentrata sulla formazione del cittadino, che dev’essere onesto e virtuoso, rispettoso delle leggi e dello stato di diritto. L’ars oratoria, concepita come sintesi di tutte le virtù umane e politiche, è oggi abbondantemente attinta dai sofisti del nostro tempo, per niente affatto interessati al bene comune. Se i greci avevano trovato nell’ideale di democrazia e nella filosofia la loro forza, i romani l’avevano trovata nello stato di diritto. La sintesi, a ben guardare, era nell’ordine stesso delle cose. Non si sarebbe potuto affermare l’ideale democratico senza il diritto. E si insegna ancora diritto romano in tutte le università del mondo dove si studia legge. Ma come mai, in Italia, nel territorio dove lo stato di diritto è stato concepito e per lunghi anni cercato, rettificato, messo a punto… esercitato, si vede che le leggi sono ampiamente disattese, si sente dire che “la giustizia è disuguale per tutti”, si tocca con mano che interi territori sono in mano ai mafiosi… e si potrebbe continuare declinando… fino a riempire centinaia, forse migliaia di pagine? In tutto questo viene da chiedersi: che ne è stato dell’ideale dell’humanitas, che ne è dei rapporti interpersonali e sociali, sempre più scollegati e distanti nella realtà concreta quanto più sono cercati nelle connessioni virtuali. E ancora: dove stiamo andando? Chi guida tutte queste cose? Cosa è subentrato allo stato di diritto? Per opera di chi? Verrebbe da rispondere istintivamente così: è subentrata una buona dose di barbarie, la cui spia è l’indifferenza, che ci ha resi arroganti per coprire il fatto che siamo invidiosi, ipocriti e incostanti, intolleranti e inerti, chiusi in noi stessi, menefreghisti… come se il mondo fosse racchiuso nella distanza che separa il viso dalla punta del naso.
Ecco, per noi umanisti è venuto il tempo di voltare pagina; è venuto il tempo di dare un chiaro segnale di cambiamento. Noi pensiamo ad una umanità nuova fatta di gente davvero onesta – prima di tutto intellettualmente onesta -, non ipocrita, leale, rispettosa, solidale. Una umanità fatta da uomini che amano la verità, la giustizia e la pace almeno quanto amano se stessi. La pedagogia di indirizzo è racchiusa nel libro Educarsi alla pace, che consideriamo il compendio di tutti i tipi di educazione. Ecco, ancora una volta sono qui a dire: per costruire una umanità nuova occorre la collaborazione di tutti. E si collabora a questo progetto se e soltanto se si aderisce con piena volontà e determinazione a diventare un uomo e una donna di pace. Non si tratta di un pacifismo strumentale ma di un pacifismo strutturale che serve a far diventare l’uomo della guerra un uomo di pace. Perché ciò avvenga riteniamo indispensabile compiere un passo avanti anche in un’altra direzione: passare dallo stato basato sul diritto ad uno stato regolato dai doveri delle persone. Siamo convinti che la nostra epoca può aspirare a questo. Abbiamo le conoscenze, e vogliamo sperare anche la sapienza, necessarie per poterlo fare.